RCCEA – Gare e eventi online
La passione per la danza non si lascia fermare neanche dai ripetuti lockdown, e questo l’avrete capito.
Ma la danza irlandese ha un’energia tutta particolare che si sta facendo sentire… via web, con iniziative mirate non solo a portare avanti la formazione degli allievi, ma anche a stare insieme, a reagire al brutto periodo, a sentirsi parte del mondo.
RCCEA ha organizzato a gennaio una competizione internazionale online e a marzo un fine settimana di lezioni gratuite, laboratori, incontri, insomma tre giorni con un programma ricchissimo.
Innanzitutto due parole su cosa sia RCCEA: sta per Regional Council of Continental Europe and Asia e raccoglie gli insegnanti di danza irlandese abilitati, certificati dalla Commissione irlandese per la danza, operanti negli Stati europei continentali (dunque escludendo Irlanda e Regno Unito) e nei paesi orientali in accezione ampia (dagli Emirati Arabi a Singapore).
Poco più di un anno fa, a fine 2019, si erano tenute a Sesto San Giovanni le qualificazioni per i Campionati Mondiali (ne avevamo parlato su Over There), che purtroppo sono stati rinviati, ma non per questo si è fermata l’attività di RCCEA e delle singole scuole.
Che solo in Italia sono almeno cinque, alcune locali e altre con sedi in varie regioni.
A gennaio dunque si è tenuto il New Year Feis (pronuncia: fesc) con quasi 800 iscritti, soprattutto giovanissimi: non potendo tenere le gare in presenza, gli esaminatori hanno visionato i video inviati dagli allievi con le loro performances, lavoro lungo e minuzioso che si è protratto per una settimana anche se il Board dei giudici era stato rimpolpato data la massiccia adesione.
I video, da girare con smartphone, dovevano avere specifiche tecniche molto stringenti relative a inquadratura, suono, tempistiche ecc. Personalmente ho trovato un luogo idoneo alle riprese.
Nell’autorimessa comunale, che un tempo era una palestra e ne ha conservato il pavimento, e un’amica mi ha fatto i video districandoci tra l’andirivieni di scuolabus, auto dei vigili, camioncino nettezza urbana, Sindaco.
Tutti gentilissimi e li ringrazio di cuore, e con loro gli impiegati del Municipio.
Immaginatevi il posto, una ragazza tutta imbacuccata per il gelo a maneggiare due smartphone (uno per riprodurre la musica e l’altro per videoregistrare), l’altra in body e gonnellino a sgallettare davanti al portellone dell’autorimessa.
Mitico.
Dal 26 al 28 marzo i nostri maestri ci hanno invece proposto “Le Chéile” che significa “insieme”, circa 25 incontri con esponenti di spicco della danza irlandese e di tutto ciò che vi ruota attorno.
C’erano laboratori per bambini su arte celtica e lingua, incontri con grandi interpreti per consigli e domande, laboratori di musica per chi accompagna le competizioni, sessioni con lo psicologo dello sport, e naturalmente tanto movimento.
Personalmente ho seguito nove lezioni/incontri, dovendomi destreggiare oltretutto negli intervalli di un corso di aggiornamento giornalistico piuttosto impegnativo.
Ho conosciuto così Michael Donnellan, a suo tempo star di “Riverdance” e “Lord of the Dance”, considerato uno dei più grandi ballerini di irlandese al mondo e ora insegnante; simpaticissimo, ha raccontato la sua esperienza ed è stato prodigo di suggerimenti per diventare “the best you can be”.
Ho seguito poi Peter O’Grady, ex ballerino e ora personal trainer, ritenuto un vero guru del “Conditioning” per la danza e cioè allenamento fatto di esercizi mirati per migliorare muscolatura, en dehors, over-crossing ecc.
All’alba di sabato ci siamo collegati con l’Australia: c’era per noi Natasha Petracic, ballerina (anche classica) e insegnante certificata di pilates e altre specialità, con una “sbarra” di base classica ma tostissima, su musica funk e a velocità supersonica.
Dopo i primi venti minuti ero già sfinita, oltretutto arrivando da una settimana di stop causa infortunio: ma alle 9 era già ora di ballare con Andrea Papp dall’Ungheria, ballerina e insegnante come il marito Zoltan (che ha tenuto il medesimo laboratorio per i danzatori maschi), arrivati ad alto livello pur avendo intrapreso questo tipo di danza in età adulta; bravissima e paziente a spiegare e mostrare la coreografia da tutti i lati per far comprendere il gioco dei piedi.
(Megan è la fondatrice del programma “Move with Meg” specifico per ballerini di irlandese)
All’ora di pranzo due incontri più “tranquilli”: Rachel Franzen oltre ad essere insegnante certificata crea da trent’anni fantastici costumi per competizioni e spettacoli e ha spiegato nel dettaglio come farsi da sé un abito con i tradizionali disegni celtici, a partire dai materiali (stoffe, imbottiture, filati, disegni decalcabili, perline da incollare ecc.).
Rachel usa per disegnare un tablet con un programma che “duplica” specularmente i suoi tratti, creando in contemporanea il lato destro e il lato sinistro dell’abito così da assicurarne la simmetria.
Esilarante il suo excursus, con tanto di foto, su cosa NON mettere in un costume affinché valorizzi il fisico della ballerina: stoffa a sbuffo attorno alla vita, applicazioni in rilievo sulle maniche, cuori appiccicati sui seni, tessuti lucidi sul corpetto (perché se tira o fa pieghe l’effetto è brutto e stropicciato).
Vietatissimi dai regolamenti internazionali, poi, i ricami o applicazioni con personaggi dei cartoni animati: e vedendo nelle sue slide alcuni esempi.
Ringrazio.
Altri consigli?
Nella scelta del colore dell’abito tener conto non solo dei gusti personali, ma dell’effetto sul palcoscenico (il marrone è un colore “moscio” e non molto amato) e del contrasto con la carnagione della ballerina. Tutto ciò dovrebbe valere, ritengo, per qualsiasi tipo di danza.
Provate infine a indossare un abito da danza irlandese anni ’70: sono pesantissimi, e Rachel ci svela che era colpa delle imbottiture inserite per dare rigidità alla gonna. “Non ti piacerebbe indossarli in gara”, mi aveva avvisato tempo fa il mio maestro, e adesso capisco perché. Ma Rachel ci ha mostrato anche abiti semplici ed eleganti per ballerine Over Forty!
L’altro divertente incontro: una dettagliatissima seduta di trucco e parrucco con Ciara Callanan-Ryan, altra star di Riverdance e insegnante, che consiglia di usare prodotti “mat” senza scintillii per non apparire sudate ancor prima di danzare, e preferire sfumature naturali come il beige e il marrone o colori che mettano in risalto gli occhi.
Contrariamente a quanto pensavo, infatti, non è sempre il caso di usare ombretti nella tinta dell’abito: pensate al rosso.
Escludetelo, pena l’apparire stravolta.
Ciara ha anche mostrato come tracciare con l’eyeliner una perfetta “riga” in tre tempi (prima la parte centrale della palpebra seguendo le ciglia, poi l’angolo interno, infine l’angolo esterno).
La differenza di funzione e quindi di applicazione tra la “terra” e il fard (per applicare la prima occorre “fare la bocca di pesce”, per trovare invece le aree giuste da valorizzare con il fard devi semplicemente sorridere!); come cotonare i capelli sul davanti e lisciarli sulla nuca prima di applicare i tradizionali toupet a riccioli, e cosa fare se si hanno molto corti o molto crespi ecc.
Lezione gettonatissima e rilassante.
Altro incontro che ha riscosso commenti entusiastici: “Yoga for dancers” della domenica mattina con Chloey Turner, ballerina e ora personal trainer.
Esercizi progressivi di allungamento muscolare, assolutamente non “violenti”, e con esito una sensazione finale di leggerezza e relax.
Nel pomeriggio abbiamo invece conosciuto Gavin Doherty, uno dei più noti produttori di costumi da danza irlandese in stile contemporaneo; figlio d’arte, ama fare i suoi schizzi preparatori ancora con carta e matita.
Da lui abbiamo appreso:
la realizzazione di un costume da competizione o da spettacolo richiede dai 4 ai 6 mesi che c’è chi preferisce i disegni celtici tradizional;
Chi vuole dei pattern geometrici o altro, che non esisterà mai un abito identico a un altro perché anche ripetendo uno schema (linee generali e/o ricamo) questo viene adattato alla figura del danzatore, che è bene prevedere un “crystal budget” all’atto della progettazione.
Non esiste una Nazione o un gruppo sociale che ama in particolare gli abiti molto ricchi ma ciò dipende dai gusti personali (e dal portafoglio) della ballerina e/o dei genitori, che i grossi cristalli luccicanti oltre ad essere costosi rischiano di appesantire il davanti dell’abito e farlo “tirare” verso il basso se applicati in quantità eccessiva. e così via.
La vita media di un abito? Nei bambini piccoli max 10 mesi, a seconda del ritmo di crescita; negli adolescenti e giovani adulti dipende da vari fattori, soprattutto il numero di competizioni a cui si partecipa e quanto voglio ricavare dalla vendita dell’usato, perché gli stili in voga cambiano velocemente e un abito fuori moda si vende (visto su ebay…) drasticamente sotto costo, anche per poche decine di sterline/dollari quando è costato magari 500 o 1000.
Infine la “chicca” di questo weekend: l’esilarante lezione di Gaelico con Micheal O’Muireagàin, a numero chiuso (15 persone) per poter “dialogare” con tutti… e c’era mezzo mondo lì rappresentato, compreso un giovanotto che non parlava inglese e allora Michael gli traduceva dal gaelico in tedesco. Mitico.
Il dramma? La pronuncia, ovviamente.
Ma ci siamo messi in gioco, con allegria, per poter dire con soddisfazione: Is damhsòir Gaelach mé (pronuncia all’incirca: es dausor ghelah me).
I’m an Irish dancer.